Il territorio del Parco è collocato ai piedi dell’edificio del Vulcano Laziale (o dei Colli Albani), apparato generatosi a partire da circa 600.000 anni fa, che all’apice dell’attività eruttiva raggiungeva i 2.000 metri di altitudine. L’Appia Antica poggia sulla più imponente delle colate laviche del Vulcano Laziale, quella di Capo di Bove.
Con i suoi 50 chilometri di diametro il Vulcano Laziale, rappresenta l’apparato vulcanico di maggiori dimensioni e dal maggior volume di lava e di prodotti piroclastici eruttati del Lazio: un’estesa coltre di depositi vulcanici che ha ricoperto una superficie di circa 1.500 kmq, dalla bassa valle del Tevere sino alla Pianura Pontina.
Si tratta di un vulcano prevalentemente esplosivo la cui attività si è svolta in tre fasi tra 600 mila e 20 mila anni fa. Una storia “geologica” oggi leggibile nel Parco se si presta attenzione al paesaggio che ci circonda nelle diverse aree.
La prima fase è avvenuta tra 600.000 e 300.000 anni fa ed è stata caratterizzata da violente esplosioni freatomagmatiche (dovute cioè al contatto sotterraneo tra acqua e magma). Testimonianze si trovano sia in Caffarella (pozzolane rosse, tufo lionato e tufo di villa Senni o ad “occhio di pesce”), sia a Tor Marancia nelle zone delle cave (conglomerato giallo). (Vedi mappa pt. 1 e 2).
La seconda fase si è verificata tra 300 mila e 200 mila anni fa; i materiali eruttati si trovano tutti all’interno della caldera, ad esclusione della colata lavica di Capo di Bove, su cui è stata realizzata nel 312 a.C. l’Appia Antica. (Vedi mappa pt. 3).
La terza fase è avvenuta tra 200 mila e 20.mila anni fa, in essa violente esplosioni hanno generato numerosi crateri secondari ancora oggi ben riconoscibili.
Recenti studi hanno portato alla luce depositi attribuibili a colate di fango (lahar) provenienti dal cratere di Albano: esse testimoniano la prosecuzione dell’attività vulcanica fino a circa 10 mila anni fa. L’area degli Acquedotti, sfruttata dai romani per la sua naturale morfologia per portare l’acqua a Roma, si è formata dalla sovrapposizione dei depositi di colate di fango, formate da catastrofiche uscite d’acqua dal bordo del cratere in cui oggi si trova il Lago di Albano. (Vedi mappa pt. 4 e 5).